La chiesa è intitolata a S. Antonio Abate. La prima attestazione documentale risale al XIII secolo. Nel 1579 aveva tre altari: uno dedicato a S. Antonio, uno a S. Barbara e del terzo, invece, è ignota la titolatura. Nel 1657 venne realizzato il monumentale altare maggiore, intagliato da Giambattista Ramus e indorata tra il 1659 e il 1662 da Giuliano Lorandi e Giambattista Pizzani da Saviore in Valcamonica. Nel 1687 furono eseguiti alcuni lavori in muratura e nel 1693 fu aggiunta la sacrestia (oggi demolita). Nel 1695 i due altari minori erano detti di S. Barbara e S. Margherita l’uno, S. Stefano e S. Lorenzo l’altro. Tra il 1698 e il 1699 gli altari minori furono provvisti di nuove cornici intagliate e dorate da Andrea Illini. Tra il 1710 e il 1742 gli atti visitali descrivono gli altari come honorifice disposita.
Recenti interventi di restauro sulla struttura, sugli arredi e sugli affreschi vennero realizzati nel 1970, tra 1982-1983, nel 1991 e infine nel 2000.
Sulla facciata esterna si possono osservare alcuni particolari di interesse artistico: il portale e gli affreschi. Il portale, in stile rinascimentale, fu costruito in pietra proveniente dalla Mendola. Reca incisi il monogramma di Cristo, la data 1611 e alcune rosette. Gli affreschi sono datati al XV secolo. Sono raggruppati in riquadri, il primo dei quali di dimensioni inferiori a causa della presenza di un affresco probabilmente precedente raffigurante i titolari S. Antonio e S. Leonardo. Gli affreschi raffigurano il miracolo dell’impiccato di S. Giacomo. Nel timpano è dipinta la Crocefissione.
L’interno della chiesa è a navata singola con volta a crociera cordonata. Sulle pareti sono dipinte le vicende della vita di S. Antonio Abate risalenti alla seconda metà del ‘400. Il coro è poligonale con volta a rete decorata da finestre gotiche e fiori. La pala dell’altare centrale è opera del padovano Giulio Cirelli. Sul frontone spezzato sono visibili un arcangelo con il nome di Gesù ed angeli musicanti, tutti sotto lo Spirito Santo. Ai lati, sopra mensole sorrette da cariatidi, sono collocati S. Nicolò e un altro santo vescovo. Anche gli altari minori sono di stile rinascimentale e decorati con colonne e angeli ai lati. La pala dell’altare a sinistra rappresenta S. Stefano e S. Lorenzo, quella dell’altare di destra una Madonna con bambino con le sante Barbara e Margherita: qui è presente lo stemma della famiglia Genetti di Dambel che donò l’opera alla comunità. In quest’ultimo altare è stata inglobata, come mensa, un frammento di lapide romana recante il seguente testo: “[D(is)] M(anibus) / [Lumen]nones / […] su pa[t]er / [et Fi]rmina / [Lumenn]oni Maxi/[mo fil]io carissi/[mo] an(norum) XVIII / [v(ivi)] f(ecerunt) / [et] sibi” (trad. Agli Dei Mani. I Lumennoni […] padre e Firmina da vivi costruirono [questo sepolcro] al figlio carissimo Massimo Lumennone, morto a 18 anni, e a se stessi). Da notare è anche il fusto dell’acquasantiera a destra dell’ingresso, decorata da croci equilatere e altri segni. Porta scolpita la data 1555 ed una scritta in parte leggibile: “…sua fatto questa opera de Dio.” La chiesa ha un piccolo campanile a vela sul culmine con una campana del 1628 che reca la scritta “S. Antoni, ora pro nobis“.
L’opera più di recentemente scoperta e allo stesso tempo la più antica è il volto di Gesù imberbe che fa capolino sulla facciata principale della chiesa a destra della porta: si tratta di ciò che resta di un affresco del cosiddetto “Maestro di Sommacampagna” operante in Val di Non nella seconda metà del ‘300.
Denis Francisci – maggio 2016