Da “Notizie Storiche intorno ai Pittori Lampi” Mons. Prof. Luigi Rosati – Scuola topografica Artigianelli Trento – 1925
“…Con maggior plauso ancora furono accolti i due lavori che il Lampi espose nel 1816, cioè un S. Brunone ed una Madonna assunta al Cielo. Il primo e un dipinto ad olio …… Il secondo è un disegno a matita fatto sulla tela preparata a gesso. Esso era lo schizzo di un grande quadro ad olio che il Lampi aveva progettato di fare per la Chiesa Parrocchiale di Romeno, sua patria: progetto nobile e santo, perchè dimostra che anche in mezzo all’opulenza ed al frastuono degli applausi, Il Lampi non si fosse mai scordato del lontano paesello alpino, dove egli aveva bevuto le prime aure di vita e appresi i primi rudimenti di quell’arte che gli fece tanto onore; dove in mezzo alle peripezie erano trascorsi gli anni della sua adolescenza e dove riposavano le ossa dei suoi genitori, d’un provvido padre che era stato insieme il suo primo maestro, e d’una madre che disgraziatemente egli non aveva conosciuta. Qui vivevano ancora alcuni suoi vecchi amici di gioventù, i quali non fossero stati capaci di apprezzare il suo lavoro dal lato artistico, tuttavia lo avrebbero avuto carissimo e come dono d’un compaesano, della cui fama andavano superbi, e come oggetto necessario a compire l’ornamento della chiesa che a forza di sacrifici avevano recentemente fabbricata. E questo riflesso appunto, di aver cioè il Lampi prevenuto il desiderio dei suoi compaesani e stabilito di collocare il più pregevole dei suoi lavori in un luogo remoto ed oscuro, dove pochi sarebbero stati gli intelligenti che lo avrebbero potuto ammirare, mette in chiara luce non meno il suo carattere modesto e disinteressato che il suo caldo affetto per la sua terra natale. Quanto al disegno stesso poi diremo che si compone in due gruppi ben distinti, come la natura del fatto richiede. In alto vedi la SS. Vergine assisa sopra una nuvola che viene portata in cielo da tre angeli di meravigliosa bellezza. In basso stanno i 12 Apostoli e la Maddalena variamente atteggiati intorno all’urna sepolcrale aperta e vuota. Qui anzi tutto ti colpisce la maestosa figura di S. Pietro che, ritto in piedi dui gradini del sepolcro, fissa lo sguardo entro l’urna e col gesto delle mani esprime meraviglia e stupore; alla sua destra inginocchiato su gli stessi gradini S. Giovanni, il discepolo dell’amore: lo riconosci tosto all’aspetto giovanile ed al volto estatico: giunte le mani par che dica: “O madre potess’io seguirvi lassù!”. Dietro a lui, un altro apostolo ritto in piedi cogli occhi e le mani alzate sembra voler levarsi da terra ed afferrare la celeste visione che sta sopra di lui. Un altro alla sinistra di Pietro è prostrato a terra quasi non osasse per la gran riverenza rimirare né il sepolcro, né colei colei che ne usciva rediviva. E così tutti gli altri apostoli esprimono e col volto e col gesto varii affetti di meraviglia o di dolore, o di dolore, di desiderio o di stupore. Bellissima è poi l’immagine della Maddalena che posta nel mezzo del quadro. dietro l’urna, colle mani tiene disteso un bianchissimo lenzuolo e collo squardo attonito e raggiante di gioia va in cerca della Madre di Dio, che sta per scomparire agli occhi dei mortali. La nuvola che a guisa di colonna sembra innalzarsi dall’urna ed alcune teste d’angeli sparse in quella, uniscono i due gruppi fra loro in bel modo. che nulla può desiderare di meglio. Questo schizzo, alto cm. 68, e latgo 41 e recante la firma: “CAV. DE LAMPI INVENIT”, fu nel 1836 regalato da Giambattista Lampi figlio al Ferdinandeo d’Innsbruck, dove tutt’ora è conservato come prezioso gioiello.
Lampi pose tosto mano a rapportare quello schizzo in una tela alta cm. 411 larga 226 e ne colorì anche magistralmente una parte, cioè la Madonna portata dagli angeli; ma affranto dall’età (era vicino ai settant’anni) e da malori fisici a cui andava soggetto, e fors’anche impedito da qualche lavoro più urgente a cui non poteva sottrarsi, e specialmente dalle cure dell’Accademia, non lo condusse a termine. Per cui come scrive il bar. Dipauli, per alcuni anni si vedeva nello studio del Lampi questo lavoro incomenciato e non compiuto. Finalmente essendo venuto impotente ad opera di tanta mole la fece proseguire dal figlio maggiore, Giambattista, il quale lavorando costantemente sotto la direzione del padre, la compì l’anno 1825, come appunto la scritta appostavi: IO.B.FIL. PINX. SUB: DIRECT. PATR. EQUIT. DE LAMPI. CONS. ET PROF. PICT. AD DONUM. 1825. Non è dire quanto favore incontrasse questo dipinto presso i cittadini di Vienna, che ebbero la fortuna di vederlo, mentre come sappiamo, il semplice abbozzo del medesimo era stato riconosciuto meritevole di universale applauso. Di fatto, la venustà dei colori e la bellezza dei volti e la freschezza delle carni e la naturalezza dei panni ed il contrasto delle luci e delle ombre, insomma tutte le qualità proprie d’un bel dipinto, concorrono a farne un gioiello di arte “un capo d’opera, come direbbe uno dei nostri scrittori patri, che ti attrae e ti bea”.