L’origine del cognome, usato come identificativo di una famiglia o di un casato, risale all’epoca Romana. I Romani distinguevano le persone libere con la “tria nomina”:
- Praenomen, paragonabile al nostro contemporaneo nome; serviva per identificare una persona appartenente ad un certa “gens”, famiglia.
- Nomen, serviva per identificare la “gens”, la famiglia – il casato. Quindi paragonabile al contemporaneo cognome.
- Cognonem, era una soprannome che poteva essere dato ad un singolo individuo (es. Angelo detta “Anzolin”); oppure ad un ramo di una famiglia o casato (es. Graiff “Bora”, Graiff “Murogna”, ecc.)
A volte al nome o al cognome si aggiungeva l’ ”Agnomen”, identificava meglio un determinata persona.
Esempio: il nome completo di Giulio Cesare era Gaio Giulio Cesare, dove Gaio era il praenomen, Giulio il nomen e Cesare il cognonem.
A partire dal V secolo con l’avvento del Cristianesimo, con le invasioni barbariche e con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, si perse la distinzione tra “praenomen” e “nomen”, quindi tra il nostro contemporaneo cognome e nome. Divenne d’uso comune il solo nome personale di battesimo cioè un “supernomen” o “signum”, che non era altro che la sintesi tra “praenomen” e “nomen”. Esso poteva derivare da un vezzeggiativo, dal lavoro o dal luogo di provenienza dei genitori, dalla paternità, ecc.
In Europa tra il X e XI secolo ci fu una forte crescita demografica che rese sempre più complicato distinguere una persona da un’altra usando solo il nome personale.
Chi fuggiva dallo stato di servo rurale per vivere in un popolato villaggio o in una città, si registrava nelle corporazioni municipali fornendo il nome e la provenienza (Dal Bosco, Montanaro, ecc.) oppure un proprio pregio o difetto (Rosso, Gobbo, ecc.), oppure un mestiere (Ferrar, Marangon, ecc.) oppure l’indicazione del padre (Petrus Leonis – Pietro figlio di Leone). Il feudatario, se non era ancora trascorso un anno dalla data di registrazione, aveva il diritto da riportare il servo rurale nel feudo di provenienza. Questo creò l’esigenza di indentificare gli individui in modo più sicuro, più certo e così nacque il cognome moderno. L’adozione del cognome inizialmente fu una prerogativa delle famiglie nobili o più ricche, ma tra il XIII e il XIV secolo si estese anche agli strati sociali più modesti. Si arrivò così al Concilio di Trento (1545 – 1563) che con il “Decretum de Reformatione matrimoni” sancì l’introduzione dei registri dei matrimoni e, indirettamente, quelli dei battesimi. Fino agli inizi del 1800, per tutta l’Italia, furono i parroci gli unici incaricati a registrare i dati anagrafici, cioè le nascite, i matrimoni e le morti. Ed anche per il Trentino Alto Adige l’autorità politica austriaca, con la lettera circolare del primo maggio 1781, riconosceva i registri parrocchiali documenti pubblici e validi a tutti gli effetti civili.
Il 21 marzo del 1804 in Francia venne promulgato il “Code Civil des Français”. Il “Codice Napoleone”, dopo essere stato tradotto, in Italia entrò in vigore il 1 aprile 1806, mentre nel nuovo Dipartimento dell’Alto Adige venne attivato solo a partire dal 1 luglio 1810. Nell’autunno del 1813 il Dipartimento dell’Alto Adige venne conquistato nuovamente dall’Impero Austro-Ungarico. Con il Congresso di Vienna del 1815 si ribadì l’appartenenza del Dipartimento dell’Alto Adige (ex principato vescovile) all’Austria. La responsabilità e la gestione dello stato civile fu nuovamente trasferita ai parroci che mantennero questo incarico fino al primo gennaio 1924, data dell’impianto dello stato civile italiano presso tutti i Comuni d’Italia.