Ricordo di Valentina Graiff, “Canti”, all’epoca aveva 7 anni.
“Non ricordo l’ora in cui scoppiò ma sicuramente di giorno, un giorno lunghissimo … il giorno di “S. Bartolomia” , giorno di fiera. Quel giorno a Romeno faceva molto caldo e soffiava un forte vento, condizioni giuste per l’autocombustione dei fienili e per il rapido propagarsi delle fiamme.
L’incendio ebbe origine nel gruppo di case dei “Mongiati” e in breve si propagò a tutta la zona Circostanti, furono distrutte la casa Francisci,la casa Asson, casa Graiff e subirono danni anche le case vicino alla caserma. (Rosati “Giamber”). Scheda
Allora abitavo nella casa dei “Canti” (quella dove ora abita mio cugino Luigino) che per fortuna non fu danneggiata. Il calore era insopportabile, la cenere volava ovunque, ricordo fiamme altissime (alte più di mt. 20), gi occhi bruciavano e tanta paura.
Tutti gli uomini del paese, aiutati anche da quelli dei paesi vicini, formarono catene umane. Con i secchi del latte prendevano l’acqua nella fontana per raffreddare i tetti delle case non ancora incendiate. In quegli anni in agosto tutti i fienili, che erano all’ultimo piano di ogni casa, erano stracolmi di fieno e di paglia, materiali molto infiammabili. Le donne cercavano , chi a braccia, chi trasportando interi bauli, di mettere in salvo il corredo e le più preziose delle loro povere cose. Gli animali furono fatti uscire dalle stalle e mandati liberi nei campi in salvo. Vennero recuperati nei giorni successivi e portati in stalle di parenti o amici che non avevano subito l’incendio. Le donne anziane ed i bambini , anch’io tra loro, si radunarono in Chiesa per pregare er pregare con Mons. Luigi Rosati che ad un certo punto, preso in mano il “Santissimo” , uscì con i fedeli dalla Chiesa e iniziò a dispensare benedizioni in tutte le direzioni . Improvvisamente il forte vento si calmò rendendo meno complicata l’opera di spegnimento che si protrasse per alcuni giorni.
Ricordo perfettamente le signore due morte (mamma e figlia), soprattutto Annetta una cara signora. scheda. Ricordo quella parte di paese fatta solamente di muri neri e fumanti e di tanta gente, anche uomini “duri” che piangevano, di un’atmosfera di lutto e tristezza che rimase in paese per molto tempo.
Le famiglie rimaste senza casa furono ospitate chi dai parenti e da chiunque in paese avesse un po’ di spazio in casa . Mio papà aveva appena riscattato la casa di sua mamma, dove poi avrebbe abitato (quella di mio fratello Silvio) e visto che al momento era vuota la mise a disposizione della famiglia del fratello di don Giuseppe Betta (parroco a Sarnonico).”