Poco distante dal centro del paese di Romeno sorge l’antico Ospizio di S. Bartolomeo. Si tratta di un complesso costituito da un antica chiesetta e dal vicino maso, presso il quale ogni 24 agosto, giorno di S. Bartolomeo, veniva allestita una fiera per la vendita di animali. L’area è famosa, a livello archeologico, per le testimonianze di età romana che furono riportate alla luce: il sarcofago di Nonia, un’ara dedicata a Saturno e diversi frammenti di lapidi iscritte tre dei quali murati all’esterno della chiesa ed ancora visibili.
La prima testimonianza scritta della chiesa risale al 1191. Quando, in epoca medievale, Romeno divenne una Gastaldia (cioè una delle sedi giurisdizionali e fiscali del Principato di Trento), la chiesetta di S. Bartolomeo fu scelta come sede della Curia vescovile. Le fonti ricordano come l’intero complesso dal 1214 al 1400 circa fu poi trasformato in un ospizio presieduto da una famiglia religiosa di frati di S. Antonio di Vienne. L’ospizio aveva il compito di dare ospitalità e protezione a pellegrini e viandanti. Oggi si possono ancora osservare nella struttura del maso alcuni elementi architettonici che risalgono a questo periodo: l’arco di un’entrata con stipite in pietra rossa situato nella corte e l’affresco della Vergine con tre Santi all’interno. Cessata l’attività di ospizio, i vescovi trattarono il luogo come un beneficio ecclesiastico, con un sacerdote incaricato di affittarne i beni in cambio di un annuo canone. Ma beneficiari e locatari non dovettero avere cura della chiesa se nel 1537 gli ispettori ecclesiastici si lamentano dell’assenza di ornamenti e arredi sacri e dell’usura del tetto. Nel 1695 sempre gli ispettori ordinarono la copertura con calce degli affreschi considerati ormai fuori luogo. Nel 1825 la chiesa versava in condizioni così pessime che il suo utilizzo fu sospeso e la metà anteriore dell’edificio fu di lì a poco demolita (1830): fino a questo anno dobbiamo immaginarci una chiesa lunga almeno il doppio dell’attuale. Il restauro giunse solo nel 1923-25 per opera della Soprintendenza ai monumenti e l’anno seguente furono messi in luce gli affreschi coperti alla fine del ‘600. Recenti restauri furono approntati anche negli anni ’80 e ’90 del ‘900.
Sull’esterno della chiesa si notano labili tracce di affreschi. In particolare sul muro settentrionale si intravvede una figura di uomo e una colonna. L’interno è a navata unica e contiene alcuni elementi mobili degni di interesse. La pala d’altare che si osserva sulla destra appena entrati apparteneva al vecchio altare in muratura demolito durante i restauri del 1925 e risale verosimilmente al XVI-XVII secolo. Vi sono dipinti la Madonna e i Santi Bartolomeo e Tommaso. Vicino si può ammirare la bella fonte battesimale che doveva essere localizzata nella vecchia chiesa parrocchiale di Romeno prima della sua ricostruzione. Vi sono scolpiti in stile preromanico un animale con la testa rivolta a mordersi la coda, alcune rosette e due teste molto simili, per l’appiattimento delle orecchie sul fondo, a quelle che si possono osservare su un architrave conservato a S. Romedio. Sul lato orientale la navata unica lascia il posto a tre piccole abside tutte integralmente affrescate al pari della pareti della navata.
Il ciclo di affreschi conservato all’interno della chiesetta di S. Bartolomeo è datato al Duecento. Nell’abside centrale si nota la grande figura del Cristo Pantocratore entro mandorla con una mano nell’atto di benedire e l’altra con un libro. E’ circondato dai simboli dei quattro Evangelisti: Giovanni (aquila), Matteo (angelo), Luca (toro), Marco (leone). Una fascia a meandri separa il registro superiore da quello inferiore con la teoria degli Apostoli ai lati delle tre finestre; negli spazi fra di esse sono rappresentate scene di raccolta. Sull’arco trionfale è dipinto il Sacrificio di Caino e Abele. L’abside di sinistra è ornato al centro da una figura di Cristo benedicente circondato da quattro cherubini. Sull’arco di ingresso rimangono solo l’immagine di due pavoni mentre nel pilastro compreso tra questi due primi absidi si intravede la figura di un santo vescovo e di un fedele orante. Da un piccolo arco si accede all’abside di destra dove diverse figure si scorgono in una fitta rete di racemi: al centro della volta si trova l’Agnello mistico, ad oriente il Cristo Benedicente fra i SS. Pietro e Paolo, a occidente un Santo Vescovo. Non mancano le caratteristiche figure di cherubini. All’esterno dell’abside sono raffigurati alcune scene sacre divise tra loro da sottili alberi fronzuti: la Natività, il viaggio dei Re Magi e S. Martino nell’atto di donare il mantello al povero. Una quarta scena è troppo rovinata per decodificarne il tema. Sulla parete meridionale si possono notare alcuni episodi della Passione di Cristo: in alto la flagellazione, in basso il Cristo calato dalla Croce e la visita delle pie donne al sepolcro. Nella parte occidentale della stessa parete, aggettante rispetto nella navata, rimangono pochi frammenti di un Giudizio Universale: sulla sinistra un demone alato, seduto su un sedile a forma di calice, legge da una lunga pergamena i peccati dei dannati, sulla destra due figure dalle vesti molto dettagliate sono state rappresentate in visione frontale. Sulla parete settentrionale nel registro inferiore si nota una teoria di santi oranti entro nicchie, nel registro superiore un personaggio maschile affiancato da due donne che si affacciano sulla loggia di un edificio. Sulla sinistra è dipinta una scena di martirio. Un’ipotesi è che si tratti dell’uccisione di S. Giovanni Evangelista (in questo caso i personaggi del registro superiore sarebbero il re Erode, la moglie e la figlia).
Oltre ai frammenti di lapidi romane murate nelle pareti esterne della chiesa, all’interno si conserva un ulteriore testimonianza di età romana: si tratta della base lapidea che regge la mensa dell’altare centrale. Questa pietra altro non è che un altare di epoca romana privo di iscrizione e riutilizzato nell’altare cristiano.
Denis Francisci – maggio 2016